Modena, la Secchia Rapita.
- Giorgio Olimpo
- 20 dic 2018
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 21 dic 2018
“Vorrei cantar di quel memorando sdegno
Ch’infiammò già ne’ fieri petti umani
Un’infelice e vil Secchia di legno
Che tolsero ai Petroni i Gemignani”
La guerra fra Bologna e Modena è entrata di diritto nella memoria cittadina grazie ai toni comici di un’opera pubblicata a Parigi nel 1622: La secchia rapita di Alessandro Tassoni è tra i poemi eroicomici prediletti della produzione letteraria italiana e, scritto in ottave, può essere considerato una satira del suo tempo.

Il componimento burlesco per «dotti» ed «idioti» trasforma in gioco quella che fu, in realtà, la sanguinaria battaglia di Zappolino in cui migliaia di uomini vennero uccisi. È necessario fare un passo indietro e cercare di capire il motivo per il quale si arrivò allo scontro tra le due fazioni. Era il 1296 quando, grazie all’appoggio di Papa Bonifacio VIII, i bolognesi riuscirono a prendere possesso dei territori modenesi di Savignano e Bazzano. Il papa, con l’obiettivo di rafforzare la potenza della sua figura sui guelfi bolognesi, sostenuto anche dal fatto che Bologna aveva necessità di allargare i suoi confini a causa del forte incremento demografico dovuto alla grande notorietà della sua università, portò avanti questa battaglia contro i suoi più aspri nemici, i ghibellini di Modena, alleati dell’imperatore.
Nella fazione modenese, invece, Azzo VIII, subentrato al padre Obizzo II D’Este in seguito ad una lotta per la successione con i suoi fratelli, dovette fare i conti con il malumore del popolo e della nobiltà cittadina, i quali non supportavano il Marchese. Per incrementare il suo prestigio, Azzo VIII decise di sfidare la compagine bolognese. Questa decisione portò ad una guerra ancora più cruda e violenta lungo il confine, la quale terminò proprio con la sconfitta delle truppe modenesi. Quello che stava per arrivare fu un periodo difficile per Modena, la quale, tenuto sotto scacco da Bologna, vide occupare le sue campagne. Non passò molto tempo, però, che la Modena ghibellina riuscì a trovare uno sbocco e a conquistare il Castello di Monteveglio a Zappolino, importante fortino di Bologna. Fu qui che si tenne la battaglia decisiva, la battaglia di Zappolino appunto. Era il 15 novembre 1325. Si sfidarono 35.000 fanti e 4.000 cavalieri. Nel giro di poche ore, nonostante la superiorità numerica dei guelfi, i modenesi annientarono gli oppositori e li inseguirono fino alle mura cittadine, laddove restarono per giorni prendendosi gioco degli sconfitti. Dopo la schiacciante vittoria, i modenesi rientrarono in città portando con loro un trofeo di guerra dal grande valore simbolico, il quale diverrà uno dei simboli della Modena odierna, la Secchia Rapita.
Il pozzo da cui venne trafugato il secchio sembra essere quello collocato a Bologna in via Saffi, all’altezza del civico 34. Quello che un tempo era un pozzo oggi si presenta quasi in forma anonima con lastre di travertino che ne stringono altre due semicircolari. Su di queste un’incisione recita “Pozzo della Secchia Rapita”.

“Ma la secchia fu subito serrata
ne la torre maggior, dove ancor stassi
in alto per trofeo posta e legata
con una gran catena a curvi sassi”.
Nella Ghirlandina, torre simbolo della città emiliana, a circa 3 metri di altezza, tra la quota della strada e il primo marcapiano dell’edificio, è possibile ammirare la Sala della Secchia Rapita. Si tratta di un ambiente irregolare di 4,60mx5,00m e alto 5,80m, ed è l’unico ad essere totalmente affrescato. Prende il nome proprio dal trofeo di guerra appeso con una catena alla volta a crociera della sala, il quale non rappresenta, però, l’originale. Il reperto autentico è conservato, per motivi di sicurezza, all’interno di una teca nel Camerino dei Confirmati nel Palazzo Comunale sito in Piazza Grande.

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